Le Terre dei Fuochi
Siamo abituati a vedere sui giornali e alla televisione le immagini dei siti compromessi dall’inquinamento. In questo lavoro i soggetti sono le persone colpite dai danni delle attività inquinanti che in alcuni casi perdurano da decenni.
Il tema particolarmente diffcile e complesso, non si limita solo alla Campania, zona inquinata di cui l’opinione pubblica è ampiamente al corrente, ma alla drammatica situazione presente in molte regioni italiane, meno nota ma altrettanto grave.
I ritratti sono stati scattati da Nord a Sud nei punti nevralgici di questa realtà, seguendo le indicazioni di medici, avvocati, scienziati e comitati di cittadini. Alcune comunità sono pienamente consapevoli della pericolosità della situazione in cui si trovano a vivere e della necessità di una lotta, ma sono anche vittime reticenti per pudore o per paura. Non ultima quella di perdere il lavoro.
Dimostrare il legame di causa effetto tra l'inquinamento e una malattia è molto complesso, molte patologie sono considerate multifattoriali e si continua a dibatterne in studi scientifici e nelle aule giudiziarie. Le testimonianze raccolte sono storie di persone che vivono in ambienti dove è pressoché assente l’innovazione che potrebbe essere apportata dalle nuove tecnologie a tutela del lavoro e della salute, così come i controlli da parte delle strutture aziendali o statali che pure esistono sulla carta. Il rispetto di queste condizioni consentirebbe a molte persone di non ammalarsi o morire. Le alternative esisitono.
Gli effetti testimoniati coinvolgono in maniera trasversale le azioni svolte nella quotidianità di chiunque: la produzione di manufatti, cibo e combustibili può essere dannosa e criminale come anche la sua parte più oscura, ovvero l’aspetto relativo allo smaltimento. Ognuno è coinvolto ma spesso ne sono consapevoli solo gli abitanti di quelle zone.
“L’offesa al paesaggio inquieta anche chi si occupa di salute mentale. Essa, infatti, non riguarda solo la forma del paesaggio e dell’ambiente, e nemmeno solo degli inquinamenti, i veleni, le sofferenze che ne nascono e ci affliggono, ma chiama in causa un complessivo declino delle regole del vivere comune e la stessa concezione dell’umano”.
Questo progetto riporta lo stato di tutela del diritto alla salute riscontrato tra le aree più inquinate d’Italia. Realizzato grazie alla consulenza e supervisione di epidemiologi, avvocati e comitati di cittadini. E’ stato presentato per la prima volta al Festival dei Diritti Umani, manifestazione che si è svolta a Milano nella sede della Triennale a marzo 2018. Le fotografie sono state esposte al Festival Etico di Lodi ad ottobre 2018.
Il lavoro è poi diventato un progetto educativo allargato, divulgato nelle scuole di Milano e Provincia.
Oltre alla selezione delle zone visitate proposta di seguito, esiste un’ampia documentazione e testimonianze sugli argomenti sociali e politici connessi al tema. Le fotografie sono scattate con Pentax 6x7, negativo b/n.
Albina Alghisi - Montichiari, Brescia
Da 11 anni soffre di disturbi provocati dall’inquinamento dell’aria, Sensibilità Chimica Multipla. Ricopre il letto con teli di plastica per evitare alle sostanze tossiche di posarsi sulle superfici durante il giorno. Si nutre solo di tre alimenti rigorosamente biologici. E’ attivista e si batte per fare riconoscere questa patologia dal Ministero della Salute Italiano per potersi curare e avere un percorso asisitenziale adeguato. Molte altre persone nell’area manifestano gli stessi sintomi della MCS.
Kimberly Scudera - Gela
Senza il tutore non si regge in piedi per insensibilità agli arti inferiori. Varie perizie attribuiscono all’inquinamento del polo petrolchimico di Gela la sua malformazione come quella di tanti altri ragazzi della sua età. Ciononostante Kim è campionessa di tiro con l’arco, si allena tutti i giorni per 3 ore nel palazzetto dello sport di Gela, e da 4 anni partecipa alle competizioni mondiali. Vorrebbe studiare psicologia ma non può trasferirsi in una città universitaria perché non è autosufficiente. Sua madre la accudisce in ogni sua azione.
Aurora e Sara Russo - Taranto
Gemelle, entrambe autistiche. Diversi studi confermano che gli agenti inquinanti incidono sulle malattie neurodegenerative quali autismo e Parkinson. A Taranto sta emergendo con forza la questione dell'autismo. L’oncologa Patrizia Gentilini ha spiegato come diversi studi confermino che le sostanze inquinanti gravano sul quoziente intellettivo. Non solo. Si è notato un incremento di iperattività, ansia, depressione e disturbi del neuro-sviluppo nei bambini che vivono nelle aree contaminate rispetto ai coetanei che abitano nelle aree meno inquinate. Ho incontrato mamme del quartiere Tamburi, che ogni giorno devono controllare la direzione di provenienza del vento per decidere se uscire coi bambini o tenerli in casa con le finestre chiuse. A volte sono costrette a non uscire per giorni. Le autorità denominano quei giorni wind day. Le mamme vorrebbero si usasse l’italiano: "Dovrebbero chiamarlo il vento della morte".
Mina Iazzetta - Aversa
Operata per un tumore al seno. Alla fine del primo ciclo di chemioterapia le è stato offerto in ospedale un pasto a base di salsiccia e patatine fritte. Successivamente ha scoperto un rimedio contro la nausea a base di zenzero e un nuovo modo di alimentarsi si è rivelato a lei grazie agli insegnamenti del dott. Berrino, oncologo di Milano.
Si prende cura delle persone malate e si batte per la prevenzione, suggerendo l’ assunzione del cibo più consono.
Sta valutando l’ipotesi di non procedere alla ricostruzione del seno mancante perchè vorrebbe accettarsi così.
“Non si vuole parlare di correlazione tra inquinamento ed incidenza di patologie neurodegenerative in quanto se così fosse significherebbe un'ammissione di colpa, e sai quante persone avrebbero diritto ad un risarcimento? Soprattutto per il fatto che lo Stato per tanti anni ha tenuto secretati i verbali di confessione di alcuni pentiti i quali avevano già preannunciato questa calamità”.
Chiara e Andrea Friolo - Taranto
Questi giovani genitori hanno perso la loro bambina di 4 anni per la leucemia linfoplastica acuta. Qui sono fotografati nella stanza di Ambra. Ancora intatta da due anni.
Don Palmiro Prisutto - Augusta
Prete militante, non amato dalla Chiesa ma molto amato dai cittadini di Augusta. “Gli abitanti di Augusta preferiscono morire di cancro che di fame”.
La battaglia contro l’inquinamento è diventata per Don Palmiro una missione e si batte da anni in tutti i modi contro l’indifferenza delle istituzioni. Don Palmiro ha iniziato qualche anno fa a raccogliere nomi e cognomi di tutti i malati di cancro della città, creando un vero e proprio registro parallelo dei tumori. Una strage lenta e costante. Afferma che nei poli petrolchimici come Gela, Augusta o Taranto, si denotano schemi di comportamento da parte delle istituzioni simili: pochissima assistenza ai malati e il decentramento degli ospedali in altre cittadine. Questo per evitare la possibilità di monitorare le malattie e le cause di morte. Si riscontra anche l’applicazione di una politica precisa adottata dalle aziende verso chi cerca di far emergere la pericolosità tra i lavoratori: chi lotta viene isolato o addirittura spostato in reparti considerati i più pericolosi per la salute umana.
Il polo petrolchimico ad Augusta si estende per 20 km sulla costa con 220 canne fumarie, è stato costriuto su una zona altamente sismica.
L’area da decenni contaminata intorno ad Augusta è chiamata triangolo della morte, ed è la causa principale dell’inquinamento di mercurio del Mediterraneo e della specie ittica che ci vive. Augusta produce circa 18 miliardi di introito per lo Stato, i citttadini chiedono almeno delle bonifiche.
Sono stati stanziati finanziamenti per le bonifiche ma non sono mai state effettuate.
Marilena Natale - Aversa
Giornalista, fotografata con la scorta, a cui è stata affidata dallo Stato dopo avere subito svariate minacce da parte della camorra. Ha adottato Aurora, 11 anni, malata di medullo plastoma cerebrale al quarto stadio.
Dabrazzi Luigina - Quinzano D’Olio, Brescia
Proprietaria di un bar, soffre di Sensibilità Chimica Multipla (MCS), patologia che rende impossibile tollerare un ambiente in cui sono presenti sostanze tossiche. Insieme a sua figlia Barbara si batte per indagare l’attività sospetta dello stabilimento situato di fianco a casa loro, dove persisite un movimento di camion che depositano all’interno contenuti non ben identificati. Sostanze che hanno un odore sgradevole di cui non si riesce a conoscere la provenienza né la composizione.
Erica e Chiara Zigiotto - Vicenza
Chiara a 16 anni è affetta come sua madre di ipotiroidismo, patologia che si presenta in provincia di Vicenza con la più alta percentuale d’Italia.
Chiara si è sottoposta ad una cura sperimentale indetta dalla Regione che si porpone di ripulire il sangue dalle sostanze tossiche che inquinano la falda acquifera sottostante e che coinvolge 21 comuni e circa 350 mila persone. Il colesterolo nel sangue degli abitanti della zona si presenta con valori altissimi. La denuncia è cominciata e portata avanti dalle “mamme no-pfas” che grazie alla loro unione sono riuscite a procurarsi attenzione mediatica e a pretendere dalla Regione degli accertamenti riguardo alla presenza nel sangue di sostanze inquinanti. Come in questo caso, anche in altre zone si riscontra frequentemente che sono i singoli cittadini ad iniziare la battaglia contro le istituzioni o aziende private. Ampliano le loro conoscenze in ambito scientifico e dedicano la propria esistenza alla battaglia per far valere il proprio diritto alla salute.
Dagli anni Cinquanta i Pfas sono usati nella filiera di concia delle pelli, per produrre sciolina, carta da forno, per rivestire le padelle antiaderenti e nella produzione di abbigliamento tecnico. La principale fonte dell'inquinamento della falda acquifera sottostante a Vicenza è considerata dalle autorità pubbliche l'azienda chimica Miteni (dichiarata fallita nel 2018) indagata e la cui responsabilità deve ancora essere accertata dai magistrati. Gli Pfas possono causare cancro e danni al sistema riproduttivo e ormonale.
Nella foto è visibile un sottile strato di pellicola di plastica bianca che ricopre l’acqua di un canale. L’acqua per l’irrigazione dei campi, per gli animali, per gli uomini non è più utilizzabile. Per cuocere la pasta sono costretti ad usare l’acqua minerale.
Francesco Nicosia - Gela (Caltanisetta)
Il nome scientifico della sua malformazione è sindatilllia, cioè le dita non sono staccate l’una dall’altra. Ha quel che si dice la mano a cucchiaio. Il pollice e l’indice sono tutt’uno. Il mignolo e l’anulare sono fusi insieme. Manca il medio. Per migliorare la presa gli hanno consigliato di eliminare l’anulare. Così può usare la mano come fosse una pinza. Il palmo è più piccolo del normale. Aveva nove mesi quando fecero il primo intervento, a Legnano. Un altro a un anno e mezzo. Per ottenere la patente deve affrontare un iter burocratico molto complesso. Potrà guidare soltanto auto con il volante modificato ma, in caso di incidente, l’assicurazione ne risponderà solo se le modifiche corrispondono a quelle riconosciute dalla polizza.
Questa foto scattata nel quartiere Tamburi a Taranto, esprime in maniera esaustiva la contraddizione che la città vive tra avere la salute o avere un lavoro. Taranto, è forse l'emblema dell'incapacità dello Stato di garantire la salute dei suoi cittadini ovunque allo stesso modo. A Taranto l'area da bonificare è di più di quattromila ettari, e le bonifiche sono a meno del 10%. A Taranto tutta la popolazione è esposta a una situazione ambientale altamente inquinante, a partire dai bambini che si ammalano di tumore e malattie respiratorie più che nel resto d'Italia, e muoiono più che nel resto d'Italia, il 13% in più. Molte madri lamentano il fatto che tutte le mattine debbano controllare l’andamento del vento per decidere se uscire coi propri figli oppure tenerli chiusi in casa con le finestre chiuse.
Gabriella Casulli - Taranto
Fino a quattro anni stava benissimo, poi ha avuto 38 di febbre e al Pronto soccorso le hanno diagnosticato la leucemia. Era ad alto rischio e ha fatto chemioterapia per 15 mesi, poi altri otto per via orale. Ora Gabriella sta bene, ma ogni mese deve tornare a Bari per prelievi e controlli.
Angelo Rebuzzi - Taranto
Il figlio Alessandro è morto a 16 anni di fibrosi cistica. Aveva dalla nascita questa malattia che colpisce tutti gli organi, in particolare i polmoni. Gli avevano consigliato di lasciare Taranto, se voleva continuare a vivere. Lui diceva che non toccava a lui andarsene dalla sua città, ma all’Ilva. Alessandro ha lasciato in consegna al padre la sua battaglia contro ogni forma di inquinamento. Tutti i giorni passa dalla cappella del cimitero dov’è sepolto il figlio, dove ritrova gli oggetti che gli erano cari e le sue foto.
Vincenzo Fornaro - Taranto
Divenuto consigliere comunale dopo aver affrontato in maniera coraggiosa quello che l’inquinamento gli aveva procurato. La sua famglia allevava capre e pecore da generazioni. Nel 2008 l’ASL lo ha costretto ad abbattere tutto il bestiame perchè contaminato con valori di diossina 30/40 volte superiori alla legge. Non sapeva cosa fare, non voleva andarsene e ha riconvertito la sua masseria in un maneggio ed è diventato un centro culturale simbolo della lotta all’inquinamento, ma soprattutto ha riconvertito la sua attività: ora coltiva canapa. Questa pianta che ha mille utilizzi ha la prorpietà fantastica di bonificare la terra.
Padre Maurizio Patricello - Caivano
“Le persone che hanno denunciato i criminali non sono protette dallo Stato. I criminali vengono processati e dopo pochi mesi di volontariato che li vede sistemare un giardinetto del comune, vengono rilasciati e sono liberi di agire come prima. Chi li ha accusati rischia la vita. Così nessuno osa denunciare e la situazione rimane pessima”. Padre Patricello, dopo anni di attività, non crede ci sia la possibilità di un cambiamento.
Giovanni Cappa - Casale Monferrato
Colpito da mesiotelioma nel 2013. Solo il contatto con l’amianto è la causa di questa patologia. Non ha mai lavorato all’Eternit ma è nato e cresciuto a Casale, dove era consuetudine usare lo scarto della lavorazione di amianto, il polverino, per compattare il terreno. Specialmente nei cortili dove giocavano i bambini. Giovanni si è sottoposto ad una cura sperimentale che gli procura delle dermatiti molto fastidiose e dolorose ai palmi delle mani e alla piante dei piedi, ma nonostante questo quotidianamente, si reca alla camera del lavoro, il fulcro della città dove tuttora exlavoratori e semplici cittadini trovano conforto se malati o supporto legale per andare avanti nella loro battaglia. Ogni giorno partecipa a questo processo di solidarietà sociale e civile.
Quella di Casale Monferrato è una storia di rivincita e di attivismo civile molto speciale. La bonifica dello stabilimento Eternit si è conclusa nel 2006. A tutt’oggi sono stati bonificati dal polverino circa il 90% dei siti noti e circa il 60% dei tetti in Eternit. Qui la Sanità è all'avanguardia. Lo si constata anche nel confronto con Broni, nell’Oltrepò Pavese, dove si trova l’ex sede della Fibronit. Anche qui si produceva amianto, ma non c'è stata una coesione sociale e una volontà di lotta paragonabile a quella di Casale Monferrato. E forse è anche per questo che le bonifiche dei terreni sono ferme all’1%.
Pietro Condello - Casale Monferrato
Alla Eternit il più pericoloso era l’amianto blu, la crocidolite che arrivava dalla Russia in sacchi. Quando li aprivo, la respiravo a pieni polmoni. Lavoravamo in ambienti intrisi di polvere d’amianto. Nel mio reparto eravamo una trentina, io sono malato di asbestosi, gli altri sono tutti morti. Alla stazione ferroviaria caricavo i camion trasportando i sacchi a spalla. I cassoni dei camion non avevano copertura e così traversando la città si lasciavano dietro una scia di polvere mortale. In un centimetro quadrato di amianto ci sono circa 2.000 fibre. Invisibili e leggerissime, le fibre restano sospese nell’aria anche otto ore prima di depositarsi. Ma quando entrano nei polmoni e li uncinano, non mollano più la presa. Però una volta l’anno, quando veniva a farci visita lo svizzero, dovevamo ripulire tutto con le scope. Ho partecipato a tutte le lotte, ma non vado in ospedale a trovare i miei compagni, non ne ho il coraggio, non so il perché ma è così».
"Lo svizzero" chiamato così per meritato disprezzo acquisito sul campo, è il magnate svizzero dell’amianto Stephan Ernest Schmidheiny (Heerbrugg, 29 ottobre 1947). Condannato a 18 anni di carcere dalla Corte d'Appello di Torino per il disastro ambientale provocato dall’amianto negli stabilimenti Eternit. Schmidheiny è stato prosciolto in via definitiva per intervenuta prescrizione del reato. È rimasto unico imputato nel processo Eternit-bis per l'ipotesi di omicidio volontario di 258 persone.
Annamaria Avonto - Casale Monferrato
Applicavamo i fogli di amianto bagnati attorno a strutture di ferro che servivano da modelli e avevano la forma degli oggetti da produrre. Faceva freddo, nei capannoni entrava la pioggia. L’aria era piena di amianto che ci imbiancava capelli e ciglia. Le nostre tute e i grembiuli puzzavano di cemento. Lavoravo a cottimo, dalle 5 di mattina alle 13. Ci facevano bere il latte perché dicevano che così non ci saremmo ammalati. Ogni tanto ci facevano fare delle radiografie. Dentro la fabbrica c’erano ventilatori che aspiravano la polvere e la soffiavano verso Casale. Ho ricordi nitidi, ma nessuno è felice. Nessuno. Annamaria è tra le poche sopravvissute nonostante abbia lavorato per trent’anni alla Eternit, nella sezione pezzi speciali. Producevano camini, lastre, raccordi, sifoni per bagni, vasche, fioriere, clessidre. Tutto fatto a mano e senza precauzioni.
Gianluca Margonari - Casale Monferrato
La sua particolarità è quella di abitare a Casale Monferrato, la sua malattia si chiama mesiotelioma. Nel 2015 ha iniziato le terapie tradizionali. Poi per 15 mesi, fino al 2017, si è sottoposto a una cura innovativa in sinergia con la chemio. Per venti ore al giorno doveva portare una specie di zaino con un dispositivo applicato al corpo che mandava continui impulsi che dovrebbero impedire il propagarsi della malattia. Dal maggio del 2017, Margonaro sta provando una nuova cura che associa la chemio all’immunoterapia. Ha un assegno di invalidità, gli esami e tutte le cure sono pagate. "Lo svizzero" aveva proposto risarcimenti a tutti gli ammalati. A lui, un indennizzo di 30 mila euro. La maggior parte ha rifiutato il patto con il diavolo. E ha perso.